«Oggi faccio solo operazioni mininvasive», così risponde il dottor Alberto Nicodemo, chirurgo dell’anca di Humanitas Cellini, sulle nuove tecniche. «Al di là del tipo di accesso chirurgico, operiamo sempre nel modo più mininvasivo che si può».

Esistono diverse tipologie di protesi d’anca?

«Moltissime. Ogni centro medico ha una propria dotazione, e la scelta viene sempre fatta insieme al chirurgo. È importante avvalersi di aziende di riconosciuta qualità. Un errore classico da evitare è quello di voler usare la protesi appena uscita di ultima generazione. Le protesi infatti devono avere una prospettiva di durata di vent’anni, quindi è sempre bene scegliere impianti che siano in commercio almeno da un po’ di tempo».

«Uno strumento molto utile su cui basarsi sono i Registri. Ogni volta che viene messa una protesi vengono inviati i dati al registro di competenza e in questo modo si monitorano le protesi e la rispettiva performance, marca per marca, tipo per tipo. Per questo oggi siamo in grado di dire ai pazienti mediamente quanto durerà la protesi. In Italia purtroppo non c’è ancora un registro nazionale, ma c’è ad esempio un registro ben fatto dell’Emilia Romagna, che ci fornisce dei dati per indirizzare le nostre scelte. Anche Nord Europa, Australia e Nuova Zelanda hanno registri accurati e naturalmente ci si può basare anche su quelli».

«Come dato generale, dopo 20 anni circa il 75-80% delle protesi è ancora a posto».

Com’è cambiato il materiale delle protesi?

«I materiali sono di due tipologie: protesi cementate, in cui il cemento è interposto tra l’osso e la protesi e fa da “collante”, e non cementate, dove la protesi va direttamente a contatto con l’osso che la ingloba e ci cresce intorno. Oggi si usano quasi esclusivamente le protesi non cementate, salvo situazioni particolari come ad esempio per il paziente affetto da grave osteoporosi».

«Le protesi sono quasi tutte in lega di titanio. Ci sono differenze, invece, sulle componenti delle superfici articolari. Una volta si usavano molto le testine protesiche di metallo (cromo-cobalto), oggi quasi abbandonate per le testine di ceramica oxinium, che hanno il vantaggio di creare minore usura e quindi di allungare la vita della protesi».

Quali sono le tecniche mininvasive?

«Oggi non parliamo quasi più di tecniche mininvasive perché si fanno solo operazioni mininvasive. Al di là del tipo di accesso chirurgico, infatti, tutte le tecniche sono volte a risparmiare il più possibile tendini, tessuti, capsule articolari, muscoli, che vengono perlopiù divaricati e non sezionati, insomma per ogni operazione si è sempre più minivasivi che si può».

«Alla fine degli anni novanta, ricordo che l’incisione per una protesi d’anca era in media 20-25 cm, oggi con tagli inferiori a 10 cm si operano la maggior parte dei pazienti. In casi selezionati si possono fare incisioni con notevoli risultati estetici grazie alle suture intradermiche e ad alcune tecniche come l’incisione “bikini”. Al di là della pelle, però, conta soprattutto quello che si fa all’interno: un tempo si sezionavamo molte strutture, oggi si sceglie di sacrificare magari dei tendini piccolissimi, e tante strutture e tessuti sono del tutto risparmiati».

«È importante che i pazienti si rivolgano a un chirurgo esperto, in un centro specializzato e con ampia casistica. Humanitas Cellini garantisce una specializzazione estrema, anche in convenzione con il Sistema sanitario nazionale».