Con il termine “colite ulcerosa”, o “rettocolite ulcerosa“, si indica una malattia infiammatoria cronica che intacca principalmente il retto, danneggiando la mucosa dell’intestino crasso. Tale infiammazione può provocare lesioni ulcerose che a loro volta provocano i sintomi intestinali.
La colite ulcerosa prevede un’alternanza di episodi acuti e periodi di remissione clinica, la cui frequenza varia da paziente a paziente. Nei casi più gravi, ovvero quando i periodi di remissione sono rari o assenti, la qualità della vita viene gravemente intaccata.
Quali sono le cause?
Non sono ad oggi note le cause alla base della colite ulcerosa, ma si pensa sia provocata da un insieme di fattori, come la presenza di determinati microorganismi batterici presenti nel microbiota intestinale o un assetto genetico che predispone l’attacco da parte del sistema immunitario alla mucosa dell’intestino crasso.
Quali sono i sintomi associati?
I principali sintomi della colite ulcerosa includono:
- diarrea ematica, anche notturna;
- dolori e crampi addominali, che spesso si risolvono con l’evacuazione;
- tenesmo rettale;
- urgenza defecatoria con difficoltà a trattenere lo stimolo defecatorio, ed evacuazioni di piccolo volume o anche solo di muco e sangue.
Il ricovero in ospedale diventa necessario solo nei rari casi (circa il 15%) in cui le scariche di diarrea sono così violente da determinare una grave disidratazione e febbre. In ospedale verranno somministrate terapie in vena che consentiranno di ripristinare l’idratazione e tenere il paziente sotto stretta sorveglianza medica e chirurgica.
La colectomia totale, ovvero l’intervento chirurgico che prevede la rimozione totale o parziale del colon, è prevista solo nei rari casi refrattari alla terapia medica.
Circa il 40% dei pazienti manifesta anche sintomi extra-intestinali immunomediati, come ad esempio:
- infiammazioni articolari, come artralgie o artrite localizzata (spondiloartriti);
- infiammazioni cutanee come noduli sottocutanei (eritema nodoso), lesioni ulcerative localizzate negli arti inferiori (pioderma gangrenoso), stomatite aftosa, psoriasi);
- infiammazioni oculari (episclerite, sclerite, uveite, irite);
- infiammazioni epatiche (colangite sclerosante primitiva).
Se non trattata, la colite ulcerosa può portare nel tempo a danni strutturali e progressivi del colon, aumentando il rischio di tumore.
Come prevenirla?
La colite ulcerosa, o rettocolite ulcerosa, non è una malattia che si può prevenire, ma solamente rallentare in termini di danni all’intestino e conseguenti complicanze.
La diagnosi precoce di malattia può aiutare molto in questo processo. Per ottenerla, è bene sottoporsi agli esami del sangue e delle feci non appena si manifestano diarrea e dolori addominali, in particolar modo se ci sono casi in famiglia di questa patologia. Anche la familiarità con le malattie autoimmuni in generale costituisce un fattore di rischio.
Nel caso di sanguinamento rettale cronico, invece, la colonscopia è l’esame più attendibile per ottenere una diagnosi precoce.
Per prevenire le complicanze legate alla colite ulcerosa, invece, è bene seguire il trattamento medico con costanza e diligenza, prestandosi anche a un monitoraggio periodico che permetta di mantenere la malattia in remissione clinica ed endoscopica prolungata.
I pazienti che si sottopongono a terapie immunosoppressive per la rettocolite ulcerosa possono essere a maggiore rischio di infezioni opportunistiche. Al fine di prevenirle. si raccomanda di sottoporsi ai seguenti vaccini:
- vaccino anti-influenzale ogni 12 mesi;
- vaccinazione anti-pneumococco ogni 5 anni;
- vaccinazione anti-Herpes Zoster;
- vaccinazione per l’epatite B.
Nelle donne, si consiglia di sottoporsi anche al vaccino per l’HPV.
Infine, la prevenzione delle neoplasie intestinali è resa possibile dall’effettuazione di:
- colonscopia con biopsie seriate;
- cromoendoscopia ogni 2-3 anni, in caso di rettocolite ulcerosa estesa, a partire da 8-10 anni dall’insorgenza dei sintomi intestinali (tali intervalli possono essere più ravvicinati o più allungati in base al quadro clinico del paziente).
Come si ottiene una diagnosi?
Gli esami diagnostici che consentono di identificare e monitorare la colite ulcerosa includono:
- colonscopia: in questi casi, la colonscopia, che va effettuata sia per la diagnosi che per il monitoraggio nel tempo, prevede la visualizzazione dell’ileo e l’effettuazione di biopsie intestinali volte a valutare l’estensione della malattia e lo stato della mucosa dell’intestino. Le biopsie, nello specifico, consentono di rilevare aspetti tipici dell’infiammazione acuta e cronica, come le alterazioni strutturali del tessuto o infiltrati di globuli bianchi.
- calprotectina fecale: si tratta di un esame di primo livello, non invasivo, indicato per i pazienti che presentano diarrea e dolore addominale. Se si rileva un’alta concentrazione di calprotectina nelle feci, il sospetto di rettocolite ulcerosa cresce. Lo stesso esame viene utilizzato poi per monitorare la malattia e valutare risposta alle terapie.
- cromoendoscopia digitale o con coloranti in vivo: queste tecniche, da effettuare durante una colonscopia, consentono di visualizzare meglio le aree in cui si sospetta possa esserci una displasia del colon. Solitamente, si ricorre a questo esame per i pazienti che soffrono di colite ulcerosa da tempo.
- rx addominale: tale esame, eseguito principalmente al pronto soccorso in regime di urgenze, consente di determinare la sede e l’estensione della malattia e il rischio di complicanze.
- ecografia addominale con studio delle anse intestinali: si tratta di un esame non invasivo di primo livello che consente di valutare la salute della parete intestinale. Viene anche impiegata successivamente per monitorare e valutare la risposta del paziente alle terapie a cui viene sottoposto.
Cosa prevede il trattamento?
Il trattamento per la colite ulcerosa ha come primo obiettivo quello di eliminare l’infiammazione a livello intestinale, inibendo i processi coinvolti nell’attivazione della cascata infiammatoria e del sistema immunitario.
Esistono diverse opzioni di trattamento, tra cui:
- mesalazina (5-ASA): antinfiammatorio per la mucosa intestinale ad azione topica.
- steroidi sistemici o a bassa biodisponibilità: farmaci con azione anti-infiammatoria su tutto l’organismo, capaci anche di modulare la risposta immunitaria.
- farmaci biologici (vedolizumab, infliximab, adalimumab, golimumab, ustekinumab): anticorpi monoclonali che bloccano alcune delle molecole che causano infiammazione come TNF alfa, alfa 4/beta 7 integrine, interleuchine 12/23.
- azatioprina o 6-mercaptopurina (tiopurine): immunosoppressori che causano la morte di alcuni dei globuli bianchi attivati, ovvero dei responsabili dell’infiammazione.
- ciclosporina: immunosoppressore impiegato in caso di colite grave che non risponde al cortisone, in grado di inibire la funzione dei linfociti che attivano il sistema immunitario.
- inibitori delle Janus chinasi (JAK): si tratta di piccole molecole orali, che consentono di bloccare selettivamente alcune vie infiammatorie.
- modulatori del recettore S1P: anche in questo caso si tratta di piccole molecole orali, capaci di bloccare alcuni linfociti all’interno dei linfonodi che, in questo modo, non potranno migrare nelle zone infiammate dell’intestino.
- colectomia totale: l’intervento chirurgico a cui si ricorre quando i farmaci non sortiscono gli effetti desiderati.
- farmaci sperimentali: si tratta di farmaci diversi che solo alcuni Centri d’eccellenza selezionati possono somministrare nel quadro di studi clinici.