Lo scorso 14 novembre s’è celebrata la Giornata mondiale del diabete: «Modificare alcune abitudini di vita può rallentare l’esordio della malattia e le sue complicanze», spiega la dottoressa Marina Caccia dell’ambulatorio di Diabetologia di Humanitas Cellini.

Si è celebrata lo scorso 14 novembre la Giornata mondiale del diabete, una vera e propria “patologia sociale”, una malattia che vede incidenza e prevalenza in costante aumento, al pari della fascia di popolazione che ne viene colpita. «Eppure il diabete di tipo 2, malattia metabolica pari a circa il 90 per cento del totale dei casi, può essere rallentato attraverso una serie di accorgimenti che il medico specialista ha il compito di indicare al paziente», afferma la dottoressa Marina Caccia, specialista in Endocrinologia e Scienza dell’alimentazione, è titolare dell’ambulatorio di Diabetologia di Humanitas Cellini.

Secondo la dottoressa Caccia: «È molto importante agire in modo preventivo, andando a modificare alcuni comportamenti di vita capaci di dilazionare l’esordio vero e proprio della malattia e delle sue complicanze». Perché il diabete è un continuum: Si comincia con un’insulino-resistenza che, a un certo punto, induce il pancreas a reagire e a produrre più insulina, quando questa non basta più occorre intervenire con i farmaci – precisa la dottoressa Caccia -. Se il medico interviene tempestivamente, il paziente può allontanare le complicanze del diabete fino a farle sovrapporre con quelle, inevitabili, legate all’età».

Lo specialista interviene con un piano dieto-terapico attraverso il quale si spiega al paziente come comportarsi a tavola per abbassare l’indice glicemico dei pasti e come regolarsi nella vita di tutti i giorni con un’attività fisica più aerobica rivolta al potenziamento muscolare. «Se tutto questo non basta – aggiunge la dottoressa Caccia – si può ricorrere a una terapia farmacologica da assumere per via orale o, in alcuni casi, sottocute. Lo scopo è quello di non arrivare all’insulino-terapia».

Il trattamento funziona perché interviene sui meccanismi di stanchezza del pancreas andando proprio alla fonte della causa dell’iperglicemia. «Certo – osserva la dottoressa Caccia – rispettare le indicazioni del piano dieto-terapico risulta molto più impegnativo che prendere una pastiglia ma, oltre a farci bene, ci fa anche sentire meglio perché la percezione di benessere legata all’attività fisica è molto gratificante».

Dal punto di vista strettamente dietetico non esistono ricette miracolose: «Occorre mangiare in modo equilibrato prendendo in considerazione le indicazioni dell’Istituto dei Tumori: cinque porzioni al giorno di frutta e verdura che, nel caso di iperglicemia, andrebbero più orientate sulla verdura – precisa la dottoressa Caccia -. Anche gli immunologi sottolineano oggi l’importanza della parte dieto-terapica: l’insulino-resistenza promuove l’infiammazione a bassa soglia. Una volta questo tipo di diabete veniva definito senile perché esordiva in età piuttosto avanzata, oggi tende invece ad anticipare perché facciamo una vita più sedentaria e, soprattutto, perché abbiamo a disposizione una quantità eccessiva di alimenti malsani».

Non è infine detto che una dieta debba essere vissuta come un’esperienza traumatica. «Oggi ogni impegno sociale diventa un’occasione conviviale e gli amici li vediamo sempre più spesso a tavola, a casa o al ristorante – conclude la dottoressa Marina Caccia -. Tuttavia la dieta non va vissuta come un fattore restrittivo bensì come qualcosa che ci fa stare meglio e che scegliamo per il nostro piacere e benessere: mangiare meno e mangiare meglio è un regalo che ci facciamo per stare bene, non un imposizione del medico. Continuiamo a vedere gli amici ma prendiamo anche in considerazione l’idea di andare assieme a loro a fare una passeggiata o qualcosa che non sia preparare cene ipercaloriche e passare ore seduti a tavola: la vita può essere molto più varia».