Nell’adulto a riposo le pulsazioni cardiache devono mantenersi ad una frequenza compresa fra le 60 e le 100 al minuto. Fanno eccezione le persone ben allenate, che possono registrare valori fisiologici più bassi.

Una frequenza inferiore a 60 o superiore a 100 può segnalare la presenza di aritmie cardiache, termine generico che include tutte le possibili variazioni rispetto al range: battito troppo veloce (tachicardia), battito troppo lento (bradicardia), battito dal ritmo irregolare e “disordinato” (fibrillazione atriale).

Ognuna di queste condizioni può essere ricondotta a una molteplicità di cause.

Come capire se il nostro cuore batte al ritmo giusto?

Durante l’attività fisica o in un momento di particolare sovraccarico emotivo è normale percepire i nostri stessi battiti. Nei momenti di inattività, invece, il cuore lavora in maniera silenziosa e per contare i battiti è necessario “mettersi in ascolto”.

Uno dei modi più semplici per eseguire l’automisurazione della frequenza cardiaca consiste nel posizionare le dita della mano (pollice e medio) ai lati del collo, premendo leggermente, e contare il numero di battiti per 60 secondi. Questo metodo fornisce un’indicazione di massima, ma se gli episodi di aritmia diventano frequenti, o se si associano a nausea, capogiri e respiro corto bisogna rivolgersi al cardiologo per una valutazione più accurata.

Oltre all’elettrocardiogramma, lo specialista potrebbe voler accertare l’entità dell’aritmia tramite l’Holter ECG, un sistema di elettrodi posizionati sul torace del paziente e collegati ad un registratore, in grado di rilevare il ritmo cardiaco per un tempo prolungato (di solito 24 ore).

Le aritmie cardiache non vanno sottovalutate: la regolarità del battito fa sì che tutti gli organi, i tessuti e gli apparati del nostro corpo vengano irrorati da una quantità di sangue adeguata, cioè “riforniti” di tutte le sostanze necessarie al loro funzionamento.