«La provata esperienza degli specialisti e dell’équipe infermieristica della Cardiologia garantiranno un approccio multidisciplinare che seguirà le più recenti linee-guida», spiega il dottor Luigi Palumbo. I pazienti saranno presi in carico in modo completo in ogni fase del loro percorso, con possibilità di ricovero in reparto anche in Day Hospital.

Un ambulatorio multidisciplinare dedicato allo scompenso cardiaco ma anche un percorso diagnostico-terapeutico ed assistenziale capace di farsi carico in modo completo del paziente affetto da scompenso cardiaco: è quanto attiva dal mese di ottobre la Cardiologia di Humanitas Cellini sotto la guida del dottor Luigi Palumbo e con la presenza di tutti gli specialisti del reparto. «Forti della nostra provata esperienza e della presenza di un’équipe infermieristica altamente specializzata, siamo in grado di coprire tutti i principali aspetti del percorso di cura dei pazienti che vanno incontro a scompenso cardiaco – afferma il dottor Palumbo –. Possiamo infatti gestire nell’ambito di ricoveri ospedalieri, in casi selezionati anche ad alta intensità di cura (Terapia Intensiva), nonché in Day-Hospital, i pazienti che in una fase della loro vita vanno incontro a un primo episodio di scompenso cardiaco e/o ricorrano nella storia naturale di una cardiopatia già nota. Tutti i pazienti ricoverati in Cardiologia avranno un’assistenza cardiologica garantita ventiquattr’ore al giorno: «Sarà una presa in carico multidisciplinare, così come suggerito da tutte le più recenti linee-guida d’ambito cardiologico – prosegue il dottor Palumbo –. Per multidisciplinarietà intendiamo anche il perfezionamento dell’integrazione tra figura medica e infermieristica, un aspetto molto importante nel quale Humanitas ha sempre creduto fermamente e per il quale anche Cellini lavora da anni con molta attenzione».

Ma cos’è lo scompenso cardiaco e perché è tanto importante? «Non si tratta di una patologia bensì di una sindrome – risponde il dottor Palumbo -. È caratterizzato da stato di congestione del circolo che produce sintomi e segni clinici caratteristici: mancanza di fiato (dispnea), scarsa tolleranza allo sforzo, impossibilità a mantenere la posizione clinostatica compromettendo il riposo notturno, comparsa di edemi localizzati e/o generalizzati, ipotensione e incremento progressivo del peso corporeo. Tali manifestazioni cliniche possono comparire in modo graduale o acuto e sono destinate a evolvere rapidamente in senso peggiorativo fino a compromettere completamente la capacità di attendere alle proprie occupazioni quotidiane, se non vengono riconosciute e trattate correttamente». Lo scompenso cardiaco è prodotto da una serie innumerevole di cause (cardiopatie), che sono in grado di provocare un indebolimento transitorio o permanente del cuore nella sue due funzioni principali: la contrattilità del muscolo cardiaco da cui deriva la disfunzione sistolica (HFREF), oppure quella di riempimento delle camere cardiache da parte del sangue proveniente dalle vene sistemiche e polmonari da cui si ha la disfunzione diastolica (HFPEF), anche se nella maggior parte dei casi coesistono i due difetti, in misura differenziata nei singoli pazienti. «Compito del cardiologo è quello riconoscere l’eziologia che sta alla base del singolo caso di insufficienza cardiaca (HFREF/HFPEF) e definirne l’iter diagnostico e terapeutico più appropriato prima che l’indebolimento del cuore diventi permanente, producendo uno stato di congestione cronica (scompenso cardiaco cronico), con pesanti ripercussioni negative sul piano della qualità e della aspettativa di vita delle persone che ne sono affette. La complessità di questo percorso può essere molto elevata e nella maggior parte dei casi richiede l’intervento di un’équipe multidisciplinare, in rapporto di stretta collaborazione con il medico di Medicina generale», puntualizza il dottor Palumbo.

Si tratta di una sindrome molto diffusa che nella popolazione generale totalizza una prevalenza del 2 per cento e che in Italia, per chi ha più di 65 anni, rappresenta la prima causa di ricovero negli ospedali. Lo scompenso cardiaco registra inoltre una mortalità elevata, circa il 50 per cento a cinque anni dalla prima diagnosi. «È per tutti questi motivi che le autorità sanitarie e le società scientifiche hanno dettagliatamente sistematizzato il percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale dello scompenso cardiaco, con approccio multidisciplinare in rete – osserva il dottor Palumbo -. Noi lavoreremo in questa direzione, forti di esperienza e competenze specifiche».

Il percorso di ogni paziente sarà altamente personalizzato: «Ogni caso di scompenso cardiaco preso in carico dall’ambulatorio dedicato riceverà una valutazione cardiologica e una valutazione infermieristica. Dopodiché verrà pianificato in modo collegiale un percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale individualizzato, attraverso il quale il paziente verrà condotto in modo sistematico, affinché tale piano di cure venga realizzato in tempi utili – spiega il dottor Palumbo -. Il paziente che per la prima volta nella vita va incontro a un episodio di scompenso cardiaco deve essere inquadrato in maniera approfondita e ciò richiede un’adeguata gestione clinica (cardiologica) e assistenziale (infermieristica specializzata) che spesso può essere attuata soltanto attraverso un ricovero presso un reparto di consolidata esperienza cardiologica, come quello attivo da molti anni presso Humanitas Cellini».

«Il percorso standard prevede la conferma o meno della diagnosi di scompenso cardiaco, sulla base dell’ipotesi diagnostica avanzata dal medico di base a fronte di un quadro clinico d’esordio che sia compatibile. Presso Humanitas Cellini il cardiologo raccoglierà un’anamnesi dettagliata ed effettuerà un esame clinico approfondito, integrati da un elettrocardiogramma (ECG), un ecocardiograramma, talora una radiografia del torace ed esami del sangue dedicati (fra cui la determinazione del BNP/NT proBNP)», aggiunge ancora il dottor Palumbo. A quel punto occorrerà impostare il percorso diagnostico-terapeutico attraverso due direttive principali: 1) gestione dello stato di congestione di circolo che produce il quadro clinico di presentazione attraverso un’adeguata terapia farmacologica (diuretica e “cardioprotettiva”) fino a ottenere una soddisfacente stabilizzazione emodinamica; 2) il riconoscimento della cardiopatia che ha prodotto l’indebolimento del cuore responsabile dell’episodio di scompenso cardiaco «Lo scompenso cardiaco dipende da tutte le principali cardiopatie e aritmie – specifica il dottor Palumbo -. Più frequentemente la cardiopatia ischemica (malattia coronarica avanzata), ma tutte le altre cardiopatie sono a vario titolo coinvolte nella generazione di un quadro che prima o poi interviene se non è stata riconosciuta e gestita correttamente la cardiopatia di base». E conseguentemente l’impostazione di una terapia eziologica facendo ricorso a tutte le più avanzate risorse strumentali e professionali, che costituiscono le branche specialistiche della cardiologia (Imaging avanzato, Emodinamica/Terapia Intensiva Cardiologica ed Elettrofisiologia/Elettrostimolazione). Lavorando in squadra con tutti i cardiologi dell’équipe e superato il quadro di congestione iniziale, si andrà alla ricerca della causa: «Terapia dello scompenso cardiaco ma anche terapia della causa cardiologica che l’ha prodotto», insiste il dottor Palumbo. L’iter diagnostico-terapeutico, prerogativa del cardiologo, dovrà essere integrato da un piano assistenziale individualizzato, concepito con il metodo della valutazione multidimensionale e condotto attraverso un’intensa attività educazionale del paziente e del caregiver, secondo i più moderni presupposti delle Scienze infermieristiche. «Questo approccio innovativo individua nell’infermiere esperto in scompenso cardiaco una professionalità irrinunciabile nel team multidisciplinare dedicato: questo per di fornire al paziente un elevato grado di consapevolezza della propria malattia e delle potenzialità collegate all’ zione di tutti i sanitari impegnati nel suo percorso di diagnosi e cura in vista della prognosi e della qualità di vita, rafforzandone l’autodeterminazione e la capacità di autocura (selfcare), anche attraverso l’aderenza terapeutica. Tutti presupposti indispensabili per condurre a termine un’ azione efficace in questo campo così impegnativo della patologia umana», ribadisce il dottor Palumbo.

I casi per i quali sia già stato impostato tale percorso e/o si trovino già in fase di avanzato svolgimento/condotto a termine, anche presso altri Centri e si trovino in condizioni di stabilità clinica, verranno avviati presso l’ambulatorio di scompenso cardiaco di Humanitas Cellini a un follow up strutturato secondo il metodo multidisciplinare (medico-infermieristico) e multispecialistico, così da prevenire eventuali episodi di peggioramento del compenso che sono all’origine dei ricoveri ricorrenti cui spesso vanno incontro tali pazienti, con conseguente grave deterioramento della qualità di vita e della prognosi.

Ci sono poi i pazienti che vanno incontro a scompenso cardiaco cronico in uno stato di malattia avanzato/terminale (stadio D AHA/ACC): per costoro sono già state investite tutte le più avanzate risorse farmacologiche, strumentali e interventistiche e non vi sono indicazioni al trapianto di cuore. «Per loro, un approccio multidisciplinare strutturato può fare molto sul piano della qualità di vita: ottimizzando la terapia farmacologica per far durare il più lungo possibile una certa stabilità clinica e assenza di sintomi ed attraverso un’intensa attività educativa, peculiarità del ruolo infermieristico, così da restituire il paziente a una “normalità” la più completa possibile per la sua vita residua», aggiunge il dottor Palumbo. Una sensibilità che si manifesta anche sul piano della comunicazione: «Una linea telefonica e un indirizzo di posta elettronica dedicato garantiscono il contatto costante tra noi, il paziente e il medico curante .- conclude il dottor Luigi Palumbo -. Il paziente può contattarci ma, allo stesso tempo, essere seguito anche attraverso un follow up telefonico infermieristico mirato a prevenire episodi di peggioramento non riconosciuti in tempo. Tutto ciò per seguire il paziente da vicino, attraverso un iter clinico e assistenziale altamente strutturato, elevandolo ad attore principale del percorso, in possesso di una consapevolezza della malattia e di risorse motivazionali che lo faranno stare meglio e vivere più a lungo, senza mai sentirsi solo, anche in una situazione come questa dove terapia e percorso possono risultare piuttosto complessi».