«“L’artroscopia ha rivoluzionato la cura delle patologie tendidee e delle patologie dell’instabilità della spalla» spiega il dottor Roberto Ravera, ortopedico di Humanitas Cellini.

Che cos’è l’artroscopia della spalla? E quali sono i suoi vantaggi?

«Si tratta di una metodica chirurgia mininvasiva per il trattamento della patologia tendinea della spalla o delle patologie legamentose dell’instabilità, come avviene in una lussazione dell’articolazione. Può essere gestita anche a livello ambulatoriale e con l’impiego di anestesia loco-regionale. Interventi che fino alla fine degli anni ottanta prevedevano una “chirurgia aperta”, sacrificando dei tessuti sani per andare a trattare la parte malata, oggi grazie all’artroscopia sono sufficienti piccoli fori da 3-4 millimetri in cui si introducono le sonde percutanee a fibre ottiche e strumenti chirurgici, rispettando muscoli e legamenti» spiega il dottor Ravera.

«Un cambiamento epocale in termini di precisione diagnostica e di trattamento mirato, che si traducono per il paziente in tre punti fondamentali: riduzione importantissima del dolore post-operatorio, salvaguardia dei tessuti sani e conseguente migliore recupero post-operatorio e protezione dalle infezioni, meno “apriamo” e meno esponiamo a rischi batterici».

Vi possono essere delle complicanze gravi legate all’intervento?

«Il concetto di mininvasività non si traduce solo nella dimensione del taglio esterno, ma riguarda l’interno dei tessuti, e tutta una serie di parametri pre e post-operatori. L’esito dell’operazione non riguarda solo l’intervento, oggi molte strutture sanitarie hanno indici di qualità ferrei: il tasso di infezioni tende allo zero per una miriade di accortezze, a partire dalle fondamentali attività di screening nei pre-ricoveri dove i pazienti incontrano gli anestesisti, alla preparazione sterile degli operatori sanitari fino al monitoraggio ambientale».

Qual è il confine tra aver bisogno di protesi o meno?

«I pazienti spesso richiedono la protesi con il desiderio di recuperare una completa funzionalità, ma adattare l’articolazione in modo da poter inserire le protesi significa non tornare più indietro. Nel mio gruppo sostengo moltissimo l’importanza di dare al paziente un’informazione completa, chiara e onesta. La chirurgia protesica è un percorso che si intraprende quando non abbiamo più altre risorse, con pazienti che nonostante trattamenti conservativi con infiltrazioni o riabilitazione, continuano ad accusare limitazione funzionale e dolore».

Che cos’è la terapia conservativa e quali cure comprende?

«Ci sono la terapia farmacologica, le cosiddette infiltrazioni, non solo con antinfiammatori, ma anche ad esempio con fattori piastrinici autologhi concentrate – PRP – e cellule mesenchimali, la terapia riabilitativa attraverso gli esercizi di fisioterapia e la terapia strumentale antalgica».