Efficace anche di fronte al conflitto femoro-acetabolare, che talvolta riguarda i giovani sportivi. «Attenti alla diagnosi», ammonisce il dottor Alberto Nicodemo.

 

L’artrosi d’anca può riguardare anche pazienti giovani: a ritardarla o a scongiurarne l’evoluzione può provvedere la chirurgia conservativa, molto efficace nella cura di alcune patologie. «Tecniche mininvasive come l’artroscopia e gli accessi mini-open si rivelano sempre più diffuse e risolutive – spiega il dottor Alberto Nicodemo, ortopedico e chirurgo dell’anca di Humanitas Cellini -. Sono efficaci soprattutto di fronte al conflitto femoro-acetabolare, riconosciuto oggi tra le principali cause nell’insorgenza della coxartrosi in pazienti giovani».

Il conflitto femoro acetabolare è spesso accostabile a chi pratica determinati sport: calcio, arti marziali e hockey su tutti. «Va a sommarsi a una predisposizione naturale di alcuni atleti – precisa il dottor Nicodemo -. L’intervento in artroscopia “pulisce” l’anca liberandola da quegli elementi che possono causare una degenerazione in artrosi. In presenza di deformità articolari più marcate, si può ricorrere a tecniche chirurgiche più invasive come la lussazione chirurgica o l’osteotomia periacetabolare, ma con l’artroscopia e l’intervento mini-open si possono correggere la maggior parte delle anomalie anatomiche responsabili del conflitto femoro acetabolare».

Non si tratta di un intervento banale: «E’ bene ricordare che l’artroscopia d’anca richiede una preparazione teorica specifica, una lunga curva d’apprendimento e strumentari dedicati – sottolinea il dottor Nicodemo -. Si tratta pertanto di interventi che andrebbero eseguiti solo da superspecialisti in chirurgia dell’anca». Così come la diagnosi di determinati problemi andrebbe affidata solo a chi conosce bene la materia: «Talvolta – riconosce ancora il dottor Nicodemo – i sintomi iniziali, spesso corrispondenti a dolori d’anca, vengono confusi soprattutto negli sportivi con la pubalgia e trattati come tali. In questi casi, una valutazione clinica precoce o addirittura uno screening preventivo risolverebbero patologie che, se trascurate, rischiano di trascinarsi molto a lungo con conseguenze talvolta disastrose».

«Grazie a queste nuove tecniche e alla possibilità di eseguire infiltrazioni articolari con acido ialuronico, concentrati piastrinici o con cortisonici – chiude il dottor Nicodemo -, noi ortopedici possiamo intervenire in maniera efficace anche negli stadi iniziali dell’artrosi e nelle coxalgie che ancora non rivelano l’artrosi. Tutto ciò evita, almeno in prima battuta, il ricorso alla sostituzione protesica».